E-Vota: la ricerca IUL sui sistemi di votazione con riconoscimento biometrico
I dispositivi di riconoscimento biometrico sono sempre più diffusi, dall’accesso allo smartphone fino ai controlli di sicurezza alle frontiere. Sebbene l’impatto di questi sistemi nella sfera sociale, psicologica ed educativa sia di grande rilevanza, poco ancora sappiamo delle implicazioni sulle pratiche sociali, sull’esperienza individuale, sulle strategie formative più adeguate alla loro gestione.
E-VOTA: il voto elettronico con riconoscimento utente è uno studio condotto dai ricercatori IUL ‒ Gianmarco Bei, Paola Nencioni, Ariele Niccoli e Antonella Turchi ‒ riguardo alla possibilità di applicare il riconoscimento biometrico ai sistemi di votazione.
Attraverso un’analisi dei dispositivi in uso, la ricerca mette in luce innanzitutto l’urgenza di normare il loro utilizzo per evitarne un impiego improprio o fraudolento. A questo riguardo, in ambito nazionale, il Garante per la Privacy ha stabilito che le operazioni svolte con strumenti elettronici sono considerate a tutti gli effetti trattamento di dati personali, mentre il Consiglio d’Europa, con la Raccomandazione del 2019, mette in guardia dalle sfide e dai rischi connessi all’e-voting.
Obiettivo specifico della ricerca è poi quello di descrivere e comprendere la percezione dei giovani – la fascia di popolazione più proiettata sul futuro – rispetto alle applicazioni di sistemi di riconoscimento biometrico, indagando le influenze sociologiche, psicologiche, educative e culturali che ne ostacolano o ne incoraggiano l’uso. L’indagine campionaria su potenziali utenti ha permesso di approfondire l’impatto di queste tecnologie sui singoli soggetti, attraverso informazioni sul contesto, la prospettiva e l’esperienza degli intervistati.
Nel complesso, la maggior parte di loro riporta di essere stato a proprio agio durante l’utilizzo di sistemi biometrici e valuta positivamente l’esperienza per la velocizzazione delle procedure, la comodità e la sicurezza. Se per alcuni questi elementi risultano perfino prioritari rispetto alla privacy, emerge tuttavia un campione che esplicita disagio per il timore di un eccessivo controllo sociale.
Rispetto alla possibilità del riconoscimento biometrico per certificare la partecipazione al voto è stata rilevata una moderata disponibilità, mentre si riscontra un maggiore scetticismo rispetto all’espressione del voto, e alla sua segretezza (timore probabilmente dovuto a una scarsa informazione sulle tecnologie blockchain).
In generale, nonostante una conoscenza perlopiù superficiale e un’esperienza spesso limitata all’utilizzo dell’impronta digitale, quasi tutti gli intervistati ritengono che l’uso di questi dispositivi sia inevitabilmente destinato a diffondersi. L’atteggiamento verso il processo di innovazione tecnologica risulta tuttavia contraddistinto da una passività e da una fiducia prevalentemente acritica: la necessità di affidarsi è determinata più dall’impossibilità di intervenire nel processo che da una scelta esplicita. Nelle interviste mancano infatti riferimenti a processi deliberativi e partecipativi che orientino le modalità di inserimento dei dispositivi di riconoscimento biometrico nelle procedure di uso comune: a eccezione di un intervistato, nessuno esprime l’esigenza di informarsi attivamente a riguardo.